Viaggio nella memoria. Segni e suggestioni della materia.
“Anima…è il fattore attraverso il quale tutto diventa psichico; lo strumento mediante il quale…e nel quale…l’intero processo ha luogo” (James Hillman)
Una finestra è sospesa nel vuoto. Nel luogo-non luogo, del Paesaggio Sibari 2014, un arco è rigato di blu e di bianco, segni guizzanti sconfinano tra le nuvole e danzano, in basso, sullo scrigno secco di fango, che il fiume Crati ha costruito quando ha sommerso le rovine di Sibari.
Così, solcando un passaggio – con il “segno” sacro dei riti legati alla terra – sembra iniziare simbolicamente il nóstos di Anna Romanello: un viaggio all’indietro nei paesaggi della memoria. Il suo segno inciso è leggero, non invade, evoca la presenza del mistero, il senso ctonio del luogo.
Il movimento rivitalizzante dell’anima, nelle sue creazioni, rimanda per intensità alla “parte ctonia dell’anima...quella parte per cui essa è attaccata alla natura o in cui almeno appare nel modo più comprensibile il suo legame con la terra e il mondo” (Jung, Anima e Terra).
In Architettura incisa troviamo altri passaggi simbolici, tra un fuori e un dentro, che scambiano continuamente il verso. Dentro una voragine in basso, la Romanello fa scendere una cascata bianca di segni. La cascata inizia, nel cielo, da una discesa impetuosa di solchi azzurri che penetrano tra le rovine, ne riemergono mutando forma e colore e infine si tuffano nella profondità misteriosa. Migrando dal cielo alla terra il segno dell’incisione si alleggerisce, si fa invitante.
“Questi luoghi sono di una bellezza incredibile, severa, come ha scritto François Lenormant in La Grande Grecé ” dice Anna Romanello. “Qui tutto ha fascino, anche il fango pietrificato che ricorda i Gretti di Burri. Sibari fa parte della mia infanzia, della mia tesi di archeologia, della mia appartenenza profonda a questa terra. Anche se ho vissuto altrove”.
Lo sguardo “nomade” si nutre di tanti luoghi, Corigliano Calabro, Milano, Parigi, Londra, Roma, Vancouver, Vienna e altri luoghi del mondo.
Quest’artista costruisce per strati come la memoria.
Le sue incisioni sovrappongono segni, materiali, memorie di letture, studi, incontri, affetti. Sulla preziosa carta di cotone, sulle lastre di metallo o sul legno, il segno solca: incide, traccia, graffia con violenza, scarnifica, scava eppure restituisce pienezza, si fa colore, scultura.
“In queste ultime creazioni” dice Anna Romanello “c’è il gusto delle ombre, le flou, lo sfumato, la materia che acquista corpo. La fotografia, che utilizzo come supporto all’incisione, ha acquistato una valenza neo pittorica”.
Le immagini sembrano avere una vita propria, lasciano trasparire un legame profondo con un tempo archetipico. Quello delle Grandi Madri, di una raffinata dimensione evolutiva che mescolava insieme saperi, culture, materie, linguaggi. Come in un abbraccio simbolico o in un’opera alchemica.
Nella Cappella,la luce radente e il segno inciso della Romanello esplorano le imperfezioni della materia, entrano dentro le rughe, si mescolano nei solchi del tempo. Il colore si accende nel contrasto con le ombre e le forme – l’altare, il quadro alle spalle, le macchie di cera, l’anta di legno - prendono vita. “La colonna sonora visiva” che scandiva le trasparenze di London Reflections ha ceduto il passo a un ritmo solenne, di severa lentezza.
I luoghi della memoria, la creazione ibrida di Anna Romanello che si addentra nella vecchia cucina, fa pensare a un grembo invitante, maternamente nutriente.
Qui, tutto parla di una dimensione archetipica del femminile: il camino, i vecchi forni di pietra, gli utensili per cucinare, le anfore di terracotta. I libri accatastati alludono a una conoscenza nutriente, assimilata un po’ alla volta, per strati. Un colore rosato prevale su tutto, anche nell’intervento “carnale” della Romanello. Brandelli di colore scorrono su un nastro di segni incisi suggerendo un movimento dondolante, quasi un suono cantilenante. In quest’opera è presente un altro passaggio segnato da trasparenze: una finestra con le ante spalancate lascia penetrare, nell’interno chiuso, la luminosità chiara dell’esterno.