Fotografie e Memorie

Dal 9 Giugno 2018 al 14 Luglio 2018
Indirizzo
Via de Bartolo, 1, Palazzo Vitari - 87036 Rende
2018 MAON, Museo d’Arte dell’Otto e Novecento di Rende

ANNA ROMANELLO
FOTOGRAFIA  E MEMORIE
a cura di Barbara Martusciello e Tonino Sicoli

9 giugno –  14 luglio 2018

Al MAON, Museo d’Arte dell’Otto e Novecento di Rende (Cs) si è inaugurata il 9 giugno 2018 la mostra “ANNA ROMANELLO / Fotografia e memorie” a cura di Barbara Martusciello e Tonino Sicoli, con opere pittorico-fotografiche, incisioni verbovisive, libri d’artista e oggetti della poliedrica artista-performer di origine calabrese ma francese di formazione. Nel corso della serata è stato presentato un video di  Enrico De Bernart, dedicato ai suoi lavori.

Nata a Corigliano Calabro dopo gli studi all’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano la Romanello si è trasferita a Parigi, all’Ecole Nationale Supérieure des Beaux-Arts e all’Atelier 17 di S.W. Hayter, dove si è specializzata in tecniche grafiche e ha sperimentato nuove metodologie con artisti e incisori di fama internazionale. Ritornata a Roma, ha lavorato alla Calcografia Nazionale e all’Accademia di Belle Arti di Roma dal 1986 al 2016 come docente di Tecniche dell’Incisione. Ha partecipato, fra l’altro, a “IIe Manifeste du Livre d’Artiste” al Centre Georges Pompidou di Parigi, “Parcours” al Festival d’Avignone e “21th International Biennal of Graphic Art” di Ljubljana. 

Scrive Tonino Sicoli: “La materia si smaterializza, l’immagine si fa luce. Così Anna Romanello affronta il passaggio linguistico fra le tecniche e le poetiche, fra l’ambito semantico e quello manuale. La pratica artistica ha un vantaggio sulla registrazione della realtà, nel senso che va oltre l’apparenza e scopre l’essenza, frugando nella profondità del senso e scavando nell’inconscio.

Ecco Romanello che coglie il papiro di segni verbo-visuali, geroglifici moderni e pre-linguistici, pattern foto-grafici, che traducono la realtà visitata in simboli di storia e creatività, di un’antropologia femminile dolce e sensibile. La pittura e l’incisione si combinano con l’arte performativa e concettuale, introducendo il collage e usando la fotografia, creando libri d’artista, con carte graffiate e con lastre di zinco e di rame. La luce bianca punta su una visibilità in penombra; raggi radenti colorano assemblaggi di ready-made e petits objets, fragili teche di cose-pensieri.

Partendo dalle incisioni astratte di William Hayter, suo maestro, Romanello recupera la mixed art di Fluxus e del Nouveau Rèalisme, della ricerca verbo-visiva incline a scritte, foto, new-media. Segnate dai dripping alla Pollock o dalle striature alla Dorazio, queste opere pitto-grafico-foto-gestuali sono oggetti-globali, materico-luminosi  sulla scia di Kossuth e di Calzolari.

Incidere è un atto di scoperta e di fissaggio del proprio io, sottile ma profondo. Un mondo traslucido emerge dal sottofondo opaco di una terra antica, fatta di tracce, di reperti, di scavi. 

A punta di bulino e di sguardo incisivo Romanello sfiora la superficie dell’ignoto, lo rapisce e lo inverte in un messaggio forte e intrigante.”

“L’artista – precisa Barbara Martusciello – rende tutto questo una sinfonia che sana le contrapposizioni o, quantomeno, le affianca in un rapporto di non belligeranza. Non è esclusa una qualche drammaticità in questa sua inter/azione, dato che avviene con un corpo a corpo con la pittura, anche quando si tratta di segno, disegno, incisione, strappo; insomma, una dose di pathos nel suo lavoro c’è e resta: l’espressionismo gestuale, assai combattente, di Emilio Vedova non le è del tutto estraneo, e nemmeno un azionismo astratto che prevede l’impiego di molta fisicità per dipingere, marcare e graffiare opere spesso di grandi dimensioni, che posiziona anche a terra quando vi interviene; e nemmeno Alberto Burri è sconosciuto alla sua pratica polimaterica, che – abbiamo detto – comprende la cesura, la scalfittura, la lacerazione, l’affiancamento di materie diverse e, quindi, una ricerca di altra forma

Ciò sottolineato, il risultato è sorprendentemente armonico. Abbiamo visto come Anna riesca a muoversi indifferentemente tra esercizio pittorico, talvolta con l’installazione – non va dimenticata! – e abitualmente con l’incisione e sempre più con l’introduzione della fotografia, e come ogni trattamento anche netto di tecniche e materie riesca a determinare una inconsueta eufonia. Allora: anche il passato e il presente, come concetti e come reali presenze, nelle sue opere convivono in un muto accordo e talvolta in una corrispondenza di amorosi sensi: molte di quelle stimolate dal meraviglioso sito archeologico capitolino delle Case Romane del Celio, poi ivi esposti in una bella mostra ad hoc, lo dimostrano.”

La mostra è organizzata dal Centro “A. Capizzano” di Rende, col patrocinio del Comune di Rende e con la collaborazione del Centro Alpeh di Lamezia Terme.