Come un fiume, che – nel meraviglioso stupefacente suo essere quel fiume – contiene il fatale non essere alcun altro fiume” (Pasolini, Poesia in forma di rosa)
I luoghi per Anna Romanello sono mondi di emozioni e spazi immaginali che all’improvviso si animano. Accade così che luce illumina la materia e la creatività scopre nuovi percorsi del segno e “scritture illeggibili”.
Luci nella città, le dieci opere inedite della Romanello, mettono in scena la bellezza di Roma in una cornice speciale. Le teche, costruite dieci anni fa lungo gli argini del Tevere per Mediterranea - festival della letteratura e delle arti, prendono vita nelle alchimie performative di questa artista nomade. Teche luminose, installazioni, percorsi fotografici raccontano trasparenze scheggiate e velature di colore. I versi di Dante, Pasolini, Ungaretti, Ivan Vazov dialogano con l’universo grafico di Anna Romanello, il segno inciso solca parole ferite e forme materiche che l’invadenza di mani rabbiose hanno graffiato di vita.Sullo sfondo, architetture e sagome di Roma, città divina.
“…ruggini con viola/ di prugna velato, e ovali verdi, con in fondo/ l’ombra della foresta romanza...” (Pasolini, Poesia in forma di rosa).
“Queste opere – dice Anna Romanello- sono frutto di stratificazioni: le foto dei luoghi stampate su acetato, le trasparenze del plexiglass, le incisioni a colore con le infinite sfumature. Infine, i collages ad acquaforte. Li ho chiamati strappi perché sono brandelli incisi come le poesie nelle teche del Lungotevere”.
Nell’opera Ponte San Pietro, uno strappo cupo, ammantato di blu, naviga nell’aria con impudente bellezza. Intorno, tutto si elettrizza in turbini di segni. Arcate di colore sfidano le rotondità del ponte. Sullo sfondo, gli alberi e gli angeli sono presenze esili. In basso, una ragnatela di luce sembra un meteorite scagliato dal cielo.
La luce inonda immaginari argini terrosi, nella teca Riflessi. Il segno si arrotonda come ansa di un fiume intorno ai versi di Ivan Vazov. “I tuoi torbidi flutti tra le mura avvelenate/dalle erbacce e dai ricordi immortali…”. Guizzi di gialli, bianchi, riflessi vetrosi. Uno strappo procede spedito sulla materia, un rivolo celeste lo protegge da profondità tormentate.
“Questo fondo terroso -dice Anna Romanello- mi ricorda la pittura di Anselm Kiefer; il suo senso del colore che è tutt’uno con le materie che lo incarnano. Colore terra, mattone, cemento, piombo. Il colore s’impasta nella materia…costruisce tracciati di fuga, prospettive, orizzonti, muri, spazi.”
In Frantumi, il segno inchiostrato di colore tormenta la materia e insegue, furibondo, fratture e incavature. Indietreggiano le arcate del ponte e i versi graffiati dalla punta elettrica. Uno strappo volteggia alla deriva.
…con fantasia ritorta/e mani spudorate/dalle fattezze umane l’uomo lacera/l’immagine divina/e pietà in grido si contrae di pietra…” (Giuseppe Ungaretti, Mio fiume anche tu).